Rapporto del Mercato del lavoro 2020: l’edilizia tra i settori che hanno retto meglio la pandemia
Uscito il Rapporto annuale sul mercato del Lavoro, monitoraggio annuale frutto della collaborazione tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Istat, Inps, Inail e Anpal.
Dai dati di sintesi emerge che gli effetti della crisi si sono manifestati più sulle ore lavorate che sull’occupazione; ciononostante il numero di persone rimaste senza lavoro è considerevole, soprattutto a seguito delle cessazioni dei contratti a termine non rinnovati e del venir meno di nuove assunzioni in un generalizzato clima di “sospensione" delle attività, inclusa la ricerca di lavoro.
Le categorie più colpite dall’emergenza sanitaria sono quelle che già erano contraddistinte da condizioni di svantaggio; si tratta in particolare delle donne, delle persone giovani e delle persone straniere, nei settori e nei tipi di impresa che sono stati investiti più duramente dalla crisi, con
ricadute non trascurabili sull’assetto sociale.
È aumentato il gap di genere sul tasso di occupazione (da 17,8 a 18,3 punti) e quello tra generazioni, con il tasso di occupazione dei giovani under 35 più basso di circa 21 punti rispetto a quello degli over 50 (era 19,3 nel 2019), mentre per gli stranieri il valore dell’indicatore scende sotto a quello degli italiani.
La digitalizzazione e il distanziamento sociale hanno concorso a produrre una nuova segmentazione nel mercato del lavoro, distinguendo tra chi può lavorare da casa e chi, per la natura della prestazione, è strettamente legato al luogo di lavoro.
L’emergenza sanitaria, ancora in corso, determina una situazione di incertezza sui tempi e sulle modalità della ripresa economica.
Le assunzioni a tempo indeterminato, dopo il trend positivo iniziato nel 2018 e proseguito fino a tutto il 2019, a partire dal primo trimestre del 2020 hanno cominciato a diminuire rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-9,9%) e nel secondo trimestre il calo ha raggiunto una quota pari a -47,5%. I rapporti a tempo determinato, invece, sono in continua diminuzione da metà 2018, fino a raggiungere un valore pari a -47,1% nel secondo trimestre del 2020.
Le denunce di infortuni sono aumentate. Al 30 settembre 2020 si registra un più 18,6& di denunce rispetto allo stesso periodo del 2019. Per circa un terzo pesano i decessi a causa dell’infezione da COVID-19.
Con particolare riferimento al settore delle costruzioni:
Facendo il paragone tra il secondo/terzo trimestre 2019 e lo stesso periodo del 2020, è il settore con il più alto tasso di crescita occupazionale, sebbene il dato sia più frutto di un dato di crescita che penalizza molto gli altri settori. Le costruzioni registrano un + 1,5% nel II trimestre e un +2,3% nel III trimestre.
Il dato va di pari passo con la percentuale registrata sulle strategie e i comportamenti adottati dalle imprese in risposta allo shock provocato dalla pandemia. Nel bimestre ottobre-novembre 2020 sono rimaste aperte l’87,2 % delle imprese edili, a fronte di cali molto evidenti negli altri settori (valori relativi più bassi si registrano nella ristorazione con solo il 15% del totale).
In generale l’edilizia è uno dei settori che ha retto meglio la pandemia, a fronte di quello del turismo in cui la dinamica, come si può immaginare è stata esattamente l’opposto.
Dal mese di maggio 2020 in avanti, l’edilizia ha registrato valori più alti anche in termini di mantenimento dei livelli occupazionali.
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